“Ricordo ancora i suoi occhi, quello sguardo perso nel vuoto…”. La voce di Leonarda Fontana, 88 anni, si incrina per la commozione mentre a stento tenta di trattenere le lacrime. Al collo ha appeso un medaglione con la foto della figlioletta, Eleonora Di Girolamo, per tutti “Cudduredda”, il nome di un dolcetto siciliano a forma di cuore con il quale a Gibellina era conosciuta quella bimba di sei anni dagli occhioni neri che divento’ il simbolo stesso del terremoto del Belice.

Quasi un’icona della tragedia che cinquant’anni fa sconvolse la Sicilia occidentale, seminando morte e distruzione. La storia è raccontata oggi dall’Ansa. Le immagini sgranate della Rai girate da una troupe di Sergio Zavoli ripresero Cudduredda mentre veniva estratta ancora viva dalle macerie la mattina del 17 gennaio 1968, tre giorni dopo il sisma. A sentire un flebile lamento fu un giovane vigile del fuoco di Reggio Emilia, Ivo Soncini, che comincio’ a scavare con le mani fino ad afferrare quelle della bimba. Un miracolo, scrissero i giornali dell’epoca, destinato pero’ a svanire come quando ci si risveglia bruscamente da un sogno. Due giorni dopo la piccola mori’ nell’ospedale Villa Sofia di Palermo, forse a causa di una polmonite, tra le braccia della madre.

Una foto di Nicola Scafidi ritrae la donna, chinata sul corpo della figlioletta, con il capo coperto dal velo. Quasi una Madonna siciliana inconsolabile che portava pero’ gia’ in grembo il ‘miracolo’ di una nuova vita. Qualche mese dopo, quando gia’ la famiglia abitava in una baracca, nacque un’altra bimba che fu chiamata proprio come la sorella scomparsa. “E’ come se l’avessi conosciuta, il suo ricordo e’ stata una presenza costante per me e per i miei familiari” dice Eleonora, che oggi ha tre figli, mentre sfoglia i temi e i dettati di prima elementare della sorella conservati in casa come una reliquia. “Questo e’ l’ultimo porta la data dell’11 gennaio, tre giorni prima di quella domenica”. Poi solo pagine bianche. Accanto ad Eleonora c’e’ il fratello maggiore Nicola, che allora aveva 14 anni. La notte del terremoto era in ospedale a Marsala, insieme ai genitori, per sottoporsi ad un intervento chirurgico. Il padre Salvatore, che faceva il contadino, dopo le prime scosse torno’ in fretta e furia a Gibellina in treno ma in paese non trovo’ nessuno. Cudduredda e l’altro fratello, Francesco, che aveva 12 anni, si erano rifugiati con altri familiari in una casa di campagna dove pensavano di essere al sicuro. Quando il papa’ li raggiunse si abbracciarono, sembrava tutto finito. E invece alle 3:01 la terra tremo’ ancora con un boato cupo che squasso’ il silenzio e fece crollare il casolare mentre l’abitazione in paese, per un tragico scherzo del destino, rimase in piedi. Francesco udi’ i lamenti della sorella; riusci’ a liberarsi dai detriti e comincio’ a vagare come un fantasma chiedendo aiuto. Il padre, che aveva una gamba fratturata, fu trasportato in ospedale dai soccorritori. Cudduredda, strappata alla morte dopo 60 ore da un angelo con la divisa di vigile del fuoco, sopravvisse solo due giorni. La famiglia Di Girolamo fu segnata per sempre da quella tragedia. La piccola Eleonora trascorse la sua infanzia nelle baracche, insieme ai fratelli e ai genitori. Papa’ Salvatore, morto nel 2004, non riusciva a darsi pace per quella figlia che gli era stata tolta in un modo cosi’ tragico e beffardo. Cosi’ come Mamma Leonarda che cinquanta anni dopo continua ad accarezzare il medaglione con la foto della sua Cudduredda. “Come posso dimenticare?”, continua a ripetere tra le lacrime.

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